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Friends: Giacomo Moor

Attraverso gli occhi e orecchie di Luca A. Caizzi – che ha visitato e intervistato il designer nel suo studio a Milano – entriamo nel mondo di Giacomo Moor. il designer autore della nostra ultima collezione da cucina e trattamento acque Thumb.

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Intervista a cura di Luca A. Caizzi

Anche se ho letto molte interviste che ti riguardano, e quindi sono deformato sulla tua conoscenza, se dovessi chiederti che suffisso ti si addice di più, quale sarebbe?

GM: Designer.

Il tempo, in qualsiasi progettualità gioca un ruolo fondamentale. Che periodo sta vivendo Giacomo Moor in questo presente?

GM: Il tempo credo che sia la variabile che perdona meno di tutte nella professione del progettista. Prendersi il tempo giusto è fondamentale; prendersi troppo tempo può diventare letale. La mia battaglia quotidiana, sia nei lavori per lo studio che nelle collaborazioni con le aziende, è proprio quella di dosare i momenti, cercando di capire quale è il momento giusto per frenare e quale invece per accelerare. In questo momento stiamo diversificando molto le attività dello studio e stiamo iniziando a confrontarci anche con una scala più grande, applicando dei criteri progettuali coerenti con la strada percorsa fino a qui.

Qual’è il momento che preferisci di più vivere in studio? E perché?

GM: Le prime ore della giornata sono sicuramente quelle più produttive perché lo studio è ancora silenzioso. Cerco di ritagliarmi dei momenti in cui, in solitudine, riesco a organizzare il lavoro, libero dalla frenesia della quotidianità.

Se dovessi spiegare che odore ha il legno, ci riusciresti? E l’acciaio?

GM: Il legno sa di fiaba, di tempi dilatati, di storia; l’acciaio di guerra, progresso e di velocità.

In che modo è nata la collaborazione con QuadroDesign?

GM: Enrico è un amico e la stima reciproca ci ha portati a costruire questa collaborazione. Negli ultimi due anni ho disegnato e ingegnerizzato una collezione di cucine e la possibilità di pensare a un rubinetto che potesse coordinarsi è stata naturale.

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Thumb sembra essere un oggetto semplice, tattile. Quanto è stato complesso progettarlo?

GM: E’ stata la prima occasione per me di progettare un rubinetto e l’idea da un lato mi entusiasmava dall’altro mi metteva un po’ di pressione. Mi ha aiutato molto, fin da subito, lavorare su una serie di modelli tridimensionali che mi obbligassero a interagire direttamente con l’oggetto. E’ un prodotto che prende vita grazie al fruitore e questo è l’aspetto che mi interessava indagare. Così è nato Thumb.

Quanto ha inciso il fattore umano in questa progettazione? Quanto quello tecnologico?

GM: Uno degli aspetti più critici e allo stesso tempo interessanti è stato quello di cercare di dare all’acciaio, materiale duro e freddo, una nota di dolcezza attraverso una rimozione di materiale che generasse un punto di presa morbido e accogliente. La tecnologia e la competenza tecnica dell’azienda ci hanno permesso di tradurre in forma questa esigenza.

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